Perla isolata e quasi nascosta, ai limiti del bosco e isolata dagli sguardi dei viandanti, la chiesa di Sant’Adriano è un gioiello tanto piccolo quanto prezioso.
La chiesa che vediamo oggi è il risultato di una straordinaria stratificazione di lavori e interventi realizzati in epoche diverse.
Possiamo tuttavia datare il piccolo oratorio attuale agli anni tra XI e XII secolo, epoca in cui le monache benedettine di San Vittore di Meda, divenute proprietarie dell’oratorio di Olgelasca, promossero importanti lavori di ristrutturazione dell’edificio preesistente, fino alle forme attuali.
L’ubicazione della chiesetta, ancora oggi isolata ed eccentrica, sarebbe spiegabile ipotizzando l’edificazione di Sant’Adriano (e della chiesa precedente all’intervento delle monache di Meda) sulla struttura di un tempio pagano. I luoghi di culto pagano erano infatti collocati in siti appartati, periferici e, come in questo caso, boscosi (si pensi alla stessa Basilica di Galliano), a differenza delle chiese cristiane che, al contrario, sorgeranno nel cuore dei centri abitati imponendosi come strategici fulcri urbani.
Altra particolarità che necessita di una spiegazione è la dedicazione dell’oratorio a S. Adriano, cavaliere proveniente da Nicodemia martirizzato sotto Diocleziano mediante frantumazione e distacco degli arti.
Un santo tutt’altro che noto nel territorio della diocesi milanese e, più in generale, non particolarmente venerato in tutta Italia.
La scelta delle monache benedettine di dedicare l’oratorio a tale personaggio è certamente dovuta alle fortissime similitudini tra la vicenda di questo martire e quella di San Vittore, già titolare del monastero di Meda. Entrambi i santi erano, secondo la tradizione, nobili cavalieri, giovani, vissuti in epoca romana, martiri. Peraltro entrambe le leggende del martirio narrano di acquazzoni miracolosi intervenuti ad impedire il totale compimento delle condanne.
L’interno della chiesetta, nella sua semplicità, custodisce testimonianze pittoriche di estremo interesse, sia dal punto di vista qualitativo, mostrando un livello di media tutt’altro che irrilevante, sia dal punto di vista iconografico, proponendo soluzioni particolarmente originali.
Nell’abside, proprio dietro l’altare spostato sulla sinistra, l’immagine più antica conservatasi (inizio secolo XII) raffigura proprio S. Adriano nella posizione detta “dell’orante” (frontale con le palme rivolte all’esterno).
Interessante il dettaglio delle maniche della tunica preziosamente foderate all’interno, indice della nobiltà del personaggio. Ancora S. Adriano ricompare poco più a destra in un’immagine che è, all’opposto, la più “recente” conservatasi nella chiesetta (datata 1497): qui il santo è rappresentato come un giovane biondo posto di tre quarti, abbigliato con preziosissimi abiti damascati e una corona di perle sulla testa; spada e stivali speronati ne indicavano inequivocabilmente il rango di cavaliere. Sono presenti nell’abside anche le immagini di S. Bernardino e, all’estrema destra, S. Sebastiano con delle frecce in pugno, riferimento al suo martirio.
Da sottolineare la complessità iconografica del catino absidale dove, alla più consueta immagine di Cristo in mandorla, si preferisce la Trinità: Cristo crocifisso sorretto alle spalle da Dio Padre e, tra i due, la colomba dello Spirito Santo, il tutto inserito in una mandorla iridata che racchiude il gruppo in una sorta di aureola totale.
Attorno alla mandorla i Tetramorfi, simboli dei quattro evangelisti (Angelo, Leone, Toro, Aquila) reggono i quattro vangeli. Agli angoli del catino i santi Rocco (a sinistra) e Sebastiano, tradizionalmente invocati contro la peste. Sulla parete nord unica superstite è una preziosissima Madonna del Latte: immagine raffinata e nobile, non solo negli abiti tessuti con fili d’oro e ricamati, ma anche nello sguardo lontano e austero degli occhi di cristallo. Tra le sue braccia, Cristo bambino mostra un uccellino, presagio del suo destino in crocifisso. Voltandoci verso la parete, al livello del pavimento, una scena tratta dalla vita di S. Gregorio, ci mostra il santo nell’atto di celebrare la liturgia davanti ad un altare corredato di tutto punto. A destra, più in alto, due personaggi: a destra S. Bovone, cavaliere convertitosi alla vita contemplativa e morto a Voghera di ritorno da un pellegrinaggio presso la tomba di Pietro; a sinistra S. Tommaso con la cintola della Vergine, da essa fatta cadere dal cielo come prova tangibile della sua avvenuta assunzione (la reliquia della Madonna della cintola è conservata a Prato).
Testo di Marco Ballabio